IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso n. 411/1990
 proposto dalla "Nuova G. Barbera S.p.a.", con  sede  in  Catania,  in
 persona   del  suo  legale  rappresentante  avv.  Carlo  Casamichela,
 rappresentata e difesa dall'avv.  Andrea  Scuderi,  ed  elettivamente
 domiciliata presso il suo studio in Catania, via V. Giuffrida, n. 37,
 contro la Presidenza della regione siciliana e l'assessorato  per  il
 bilancio e le finanze della regione siciliana, rappresentati e difesi
 per legge dall'avvocatura dello Stato di Catania,  domiciliataria;  e
 nei  confronti  della  So.Ge.Si.  S.p.a.,  con  sede  in Palermo, non
 costituita in giudizio; per l'annullamento:
      1)  della nota dell'assessore per il bilancio e le finanze della
 regione siciliana del 31 gennaio 1990, n. 200114 di  protocollo,  con
 cui  si respinge l'istanza proposta dalla societa' ricorrente al fine
 di ottenere la nomina a commissario governativo  per  la  riscossione
 dei  tributi  negli  ambiti  territoriali  delle province di Catania,
 Messina, Ragusa e Siracusa;
      2)  dei  quattro decreti emanati dall'assessorato medesimo il 23
 gennaio  1990,  con  i  quali  la  So.Ge.Si.  S.p.a.  viene  nominata
 commissario governativo, per la riscossione dei tributi nelle quattro
 provincie sopra indicate;
      3)  della  deliberazione  adottata  dalla giunta regionale il 17
 gennaio 1990 e menzionata nei decreti sopra indicati;
      4) di ogni altro atto o provvedimento, antecedente o successivo,
 comunque presupposto, connesso o conseguenziale;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Vista  la domanda di sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti
 impugnati;
    Visto  l'atto  di  costituzione  in giudizio delle amministrazioni
 intimate;
    Viste  le  memorie  prodotte  dalla  ricorrente  a  sostegno delle
 proprie difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Designato relatore per la camera di consiglio del 28 marzo 1990 il
 consigliere dott. Vincenzo  Zingales  e  udito,  per  la  ricorrente,
 l'avv. Andrea Scuderi;
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue;
                               F A T T O
    Col  ricorso in esame, notificato il 23 febbraio 1990 e depositato
 il giorno successivo, la "Nuova G. Barbera",  con  sede  in  Catania,
 costituita   fra   persone   fisiche   con  capitale  sociale  di  L.
 1.200.000.000,  avente  ad  oggetto   esclusivo   "la   gestione   in
 concessione  o il altra forma del servizio di riscossione dei tributi
 e di ogni altra entrata  dello  Stato  e  di  altri  enti  pubblici",
 nonche'  "l'assunzione  del  servizio di ricevitoria e, se richiesta,
 del servizio di tesoreria di enti locali", e con espressa  previsione
 statutaria   di   inefficacia   nei   confronti  della  societa'  del
 trasferimento delle azioni per  atto  tra  vivi  non  preventivamente
 autorizzato  dal  Ministero  delle finanze (artt. 3 e 6 dello statuto
 sociale, allegato, alla  lett.  C  all'atto  costitutivo  rogato  dal
 notaio  Giorgio  Licciardello  di  Catania in data 15 settembre 1986;
 atti entrambi  prodotti  in  giudizio),  ha  chiesto  l'annullamento,
 previa sospensione, dei seguenti provvedimenti:
      1)  della nota dell'assessore per il bilancio e le finanze della
 regione siciliana del 31 gennaio 1990, n. 200114 di  protocollo,  con
 cui  si respinge l'istanza proposta dalla societa' ricorrente al fine
 di ottenere la nomina a commessario governativo  per  la  riscossione
 dei  tributi  negli  ambiti  territoriali delle provincie di Catania,
 Messina, Ragusa e Siracusa;
      2)  dei  quattro decreti emanati dall'assessorato medesimo il 23
 gennaio 1990, con i quali So.Ge.Si S.p.a. viene nominata  commissario
 governativo,  per  la riscossione dei tributi nelle quattro provincie
 sopra indicate;
      3)  della  deliberazione  adottata  dalla giunta regionale il 17
 gennaio 1990 e menzionata nei decreti sopra indicati;
      4) di ogni altro atto o provvedimento, antecedente o successivo,
 comunque presupposto, connesso o conseguenziale.
    A  sostegno  del  ricorso  viene dedotto il seguente unico motivo:
 illegittimita' costituzionale dell'art. 3, primo comma,  della  legge
 regionale  29 dicembre 1989, n. 19, per contrasto con l'art. 17 dello
 statuto regionale, e quindi  per  violazione  dei  principi  e  degli
 interessi  generali contenuti e tutelati dalla legislazione nazionale
 (legge delega al governo per  l'istituzione  e  la  disciplina  della
 riscossione  dei  tributi  del  4  ottobre  1986,  n.  557, e decreto
 delegato del Presidente della Repubblica del 28 gennaio 1988, n.  43,
 con particolare riferimento all'art. 132 dello stesso. Illegittimita'
 derivata.
    Si   sono  costituite  in  giudizio  soltanto  le  amministrazioni
 intimate; ma  non  anche  la  controinteressata  inrtimata  So.Ge.Si.
 S.p.a.
                             D I R I T T O
    1.  -  ome  gia' esposto in epigrafe e nelle premesse di fatto che
 precedono, l'impugnativa proposta e' rivolta avverso i provvedimenti,
 ivi  meglio specificati, con i quali l'assessore per il bilancio e le
 finanze della regione siciliana ha respinto l'istanza della "Nuova G.
 Barbera S.p.a.", odierna ricorrente, tendente ad ottenere la nomina a
 commissario governativo per la gestione provvisoria del  servizio  di
 riscossione  dei tributi negli ambiti territoriali delle provincie di
 Catania, Messina, Ragusa  e  Siracusa,  ed  ha  invece  conferito  il
 predetto  incarico,  negli  ambiti  territoriali sopra indicati, alla
 So.Ge.Si S.p.a., odierna controinteressata.
    2. - La societa' ricorrente deduce, quale unico motivo di gravame,
 l'illegittimita' costituzionale, nei sensi di cui appresso, dell'art.
 3,  primo  comma,  della  legge  regionale  29  dicembre  1989, n. 19
 ("Esercizio provvisorio del  bilancio  della  regione  siciliana  per
 l'anno  finanziario  1990,  norme per assicurare la riscossione delle
 entrate e norme relative al bilancio dell'Ente  acquedotti  siciliani
 (E.A.S.)"),  in  base  al  quale  "sino  all'entrata  in vigore della
 normativa regionale prevista dall'art. 132 del decreto del Presidente
 della  Repubblica  28  gennaio 1988, n. 43, al fine di assicurare, in
 via provvisoria, la riscossione dei tributi e delle altre entrate  ai
 sensi dello stesso decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio
 1988, n. 43, l'assessore regionale per  il  bilancio  e  le  finanze,
 sentita  la  giunta  regionale, provvede direttamente alla nomina con
 effetto dal 1º gennaio 1990 e per la durata di mesi tre, prorogabile,
 per  un  ulteriore  periodo non superiore a tre mesi, con decreto del
 presidente  della  regione,   previa   deliberazione   della   giunta
 regionale,  da  adottarsi su proposta dell'assessore regionale per il
 bilancio  e  le  finanze,  per  ciascuno  degli  ambiti  territoriali
 appresso  indicati,  del commissario governativo previsto dagli artt.
 24 e seguenti del suddetto decreto, scegliendolo fra gli  istituti  e
 le  aziende  di credito di cui all'art. 5, lettere a) e d) del r.d.l.
 12 marzo 1936, n. 375, e successive modifiche,  le  speciali  sezioni
 autonome  degli istituti ed aziende di credito previsti dalle lettere
 a) e d) dell'art. 5 citato, nonche'  fra  societa'  per  azioni,  con
 capitale  non  inferiore  a  20  miliardi,  interamente costituite da
 predetti istituti ed aziende di credito, in  possesso  dei  requisiti
 prescritti  dalla normativa in materia, che ne facciano domanda entro
 quindici giorni dalla  data  di  entrata  in  vigore  della  presente
 legge".
    La   dedotta  questione  di  illegittimita'  costituzionale  viene
 profilata  assumendo  il  contrasto   della   predetta   disposizione
 legislativa  regionale  con  l'art.  17  dello  statuto della regione
 siciliana in quanto risulterebbero violati "i principi  ed  interessi
 generali cui si informa la legislazione dello Stato", contemplati dal
 predetto art. 17  e  tutelati  dalla  legislazione  nazionale  (nella
 specie,  i principi ed interessi di cui alla legge 4 ottobre 1986, n.
 657, recante "delega al Governo per la istituzione  e  la  disciplina
 del  servizio  di  riscossione  dei  tributi",  e di cui al d.P.R. 28
 gennaio 1988, n. 43, recante "Istituzione del servizio di riscossione
 dei  tributi e di altre entrate dello Stato e di altri enti pubblici,
 ai sensi dell'art. 1, comma primo, della legge  4  ottobre  1986,  n.
 657",  con  particolare riferimento all'art. 132 del predetto decreto
 delegato, in base al quale  "i  principi  risultanti  dalla  legge  4
 ottobre  1986, n. 657, e dal presente decreto si applicano anche alla
 regione siciliana, che provvede  con  legge  all'istituzione  e  alla
 disciplina  del  servizio  di  riscossione dei tributi nell'esercizio
 della competenza legislativa ad essa spettante in materia").
    Viene  particolarmente  lamentato in proposito che, tra i principi
 contenuti    nella     legislazione     nazionale,     risulterebbero
 illegittimamente  disattesi dal legislatore regionale nell'emanazione
 della predetta legge n. 19 del 29 dicembre 1989:
       a)  il  principio  secondo  cui  il  ricorso  all'istituto  del
 commissario governativo e'  possibile  nel  solo  caso  di  revoca  o
 decadenza  della  concessione  (art.  1, primo comma, lett. g), della
 legge n. 657/1986; art. 24 del d.P.R. n. 43/1988);
       b)  il  principio secondo cui la riscossione, anche nel caso di
 nomina di un commissario governativo, puo' essere affidata,  fra  gli
 altri soggetti, anche alle societa' per azioni costituite non solo da
 aziende ed istituti di credito  ma  anche  da  persone  fisiche,  con
 capitale interamente versato non inferiore ad un miliardo, aventi per
 oggetto esclusivo la gestione in concessione del servizio, ed il  cui
 statuto  preveda  l'inefficacia  nei  confronti  della  societa'  del
 trasferimento delle azioni per  atto  tra  vivi  non  preventivamente
 autorizzato  dal  Ministro  delle finanze (art. 1, primo comma, lett.
 e), punto 3, della legge n. 657/1986; art. 24, primo comma,  ed  art.
 31, primo comma, lett. c), del d.P.R. n. 43/1988).
    3.   -   Ritiene   il   tribunale  che  la  dedotta  questione  di
 costituzionalita'  sia  rilevante  ai  fini  del   decidere   e   non
 manifestamente infondata.
    4.   -  Quanto  alla  rilevanza  della  questione  occorre  appena
 osservare che, avendo l'assessore regionale  per  il  bilancio  e  le
 finanze respinto la domanda presentata dalla societa' ricorrente, per
 la nomina a commissario governativo dalla odierna  ricorrente  "Nuova
 G. Barbera S.p.a." (in possesso di tutti i requisiti prescritti dalla
 sopra  richiamata   normativa   statale,   come   risulta   dall'atto
 costitutivo  e  dallo  statuto  sociale versati in atti, e come si e'
 gia'  detto  nelle  premesse  di  fatto)  motivando  il  diniego  con
 l'affermazione  che la stessa "non rientra tra i soggetti a tali fini
 contemplata dall'art. 3 della legge regionale n. 19/1989", ed  avendo
 invece  accolta l'analoga domanda della So.Ge.Si. S.p.a. in base alla
 stessa   disposizione   di   legge,   nonche'   dovendosi,   inoltre,
 necessariamente    respingere   la   domanda   di   sospensione   dei
 provvedimenti  impugnati  per  l'ostacolo  insormontabile  costituito
 (allo  stato attuale) dall'art. 3, primo comma, della legge regionale
 n. 19/1989 di cui trattasi, la risoluzione della  predetta  questione
 si pone assolutamente ed incontrovertibilmente, a norma dell'art. 23,
 secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.  87,  quale  necessaria
 pregiudiziale per la definizione della controversia portata all'esame
 del tribunale, in quanto, ovviamente, soltanto dalla declaratoria  di
 illegittimita'   della   disposizione  denunziata  potrebbe  derivare
 l'illegittimita' dei provvedimenti impugnati esclusivamente  in  base
 alla  lamentata  illegittimita'  costituzionale  (con  il conseguente
 accoglimento del ricorso in esame).
    5.  -  Quanto  alla  non  manifesta  infondatezza  della questione
 proposta, ritiene il tribunale che il ripetuto art. 3,  primo  comma,
 della   legge   regionale  n.  19/1989  si  ponga  effettivamente  in
 strindente  contrasto  con  i  principi   generali   che   presiedono
 all'esercizio  della  potesta' legislativa nelle materie per le quali
 l'art.  17  dello  statuto  della   regione   siciliana   attribuisce
 all'assemblea  regionale,  "entro  i limiti dei principi ed interessi
 generali cui si informa la legislazione dello Stato", una  competenza
 non esclusiva ma soltanto concorrente (o ripartita o sussidiaria) con
 quella dello Stato, ed in particolare in  contrasto  con  i  principi
 sopra  indicati  sub  2),  risultanti: a) dagli artt. 1, primo comma,
 lett. g), della legge n. 657/1986 e 24  del  d.P.R.  n.  43/1988;  b)
 dagli  artt.  1,  primo comma, lett. e), punto 3, della stessa legge,
 nonche' dagli artt. 24, primo comma, e 31,  primo  comma,  lett.  c),
 dello stesso d.P.R.
    5.1.  -  Appare opportuno, innanzitutto, ricordare che la potesta'
 legislativa della regione siciliana in materia  tributaria  si  fonda
 sull'art.  36,  primo  comma, dello statuto (approvato con r.d.-l. 15
 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale  dalla  legge
 cotituzionale  26  febbraio  1948,  n.  2),  in  base  al  quale  "al
 fabbisogno finanziario  della  regione  si  provvede  con  i  redditi
 patrimoniali  della  regione  e  a mezzo di tributi, deliberati dalla
 medesima".
    Giova  subito  rilevare in proposito, sia pure sinteticamente, che
 la collocazione di tale norma in  un  titolo  a  parte  (titolo  V  -
 Patrimonio  e  finanze)  rispetto  a  quello  in cui (titolo II) sono
 inseriti  i  precedenti  artt.  14  e   17   (che,   rispettivamente,
 attribuiscono  alla  regione  siciliana,  com'e'  noto, la potesta' o
 competenza legislativa esclusiva e quella concorrente), e comunque al
 di  fuori del testo dei predetti artt. 14 e 17, non vale ovviamente a
 porre in dubbio la sussisteza della potesta'  legislativa  tributaria
 della  regione  siciliana,  trattandosi  di un fatto ermeneuticamente
 neutro in quanto non tutte le materie devolute  alla  sua  competenza
 legislativa sono previste in tali norme, com'e' provato dal fatto che
 in relazione ad  altre  materie  la  potesta'  legislativa  e'  stata
 attribuita con gli artt. 3 e 15.
    Nonostante,  quindi, la non certo perspicua dizione della norma in
 esame ("al  fabbisogno  finanziario...  si  provvede...  a  mezzo  di
 tributi  deliberati..."), non puo' sussistere in realta' alcun dubbio
 in  ordine  all'effettiva  attribuzione  della  potesta'  legislativa
 tributaria alla regione siciliana in forza del menzionato primo comma
 dell'art. 36, dato che "deliberare" tributi, per  gli  enti  pubblici
 territoriali  quali le regioni (specie se a statuto speciale), dotati
 di organi legislativi, non  puo'  significare  altro  che  legiferare
 sugli stessi. Ne' si potrebbe in alcun modo ritenere che il potere di
 deliberare in materia tributaria  e'  stato  conferito  alla  regione
 siciliana  limitatamente  ai  tributi di carattere regionale che essa
 intenda istituire. Una simile  interpretazione  restrittiva  (che  e'
 stata  respinta dall'alta Corte per la regione siciliana con sentenza
 20 luglio 1949-7 febbraio 1950, nonche'  dalla  Corte  costituzionale
 con  sentenza  n.  9/1957),  infatti, e' in assoluto contrasto con la
 dizione usata dal legislatore, sia perche' di una tale distinzione la
 norma  in  esame  non  fa'  parola (l'art. 36, primo comma, contempla
 un'attivita' deliberativa - idest:   legislativa  -  da  parte  della
 regione  in  ordine  ai  tributi  in generale, e non limitatamente ai
 tributi  di  carattere  regionale),  e  sia  perche',  al  contrario,
 l'eccezione  contenuta  nel secondo comma ("sono pero' riservate allo
 Stato le imposte di produzione  e  le  entrate  dei  tabacchi  e  del
 lotto")  fa chiaramente comprendere che i tributi, in detto capoverso
 non indicati, sono passati alla regione sia per la deliberazione vera
 e propria che per l'accertamento e la riscossione.
    5.2.  -  Cio'  posto, occorre ancora precisare al riguardo che, in
 base  alla  costante  giurisprudenza  costituzionale,   la   potesta'
 legislativa  tributaria  della  regione  siciliana  non  ha carattere
 esclusivo bensi' concorrente. Ed invero, la potesta'  di  legiferare,
 in  via esclusiva, ai termini e nei limiti dell'art. 14 dello statuto
 siciliano non puo' essere riferita, per il suo carattere eccezionale,
 se  non a materie esplicitamente e tassativamente indicate. Il che e'
 particolarmente giustificabile in  ordine  alla  materia  tributaria,
 dato che una potesta' normativa, nel senso indicato, potrebbe turbare
 il  sistema  tributario  dello  Stato.  Ne  deriva  quindi   che   la
 legislazione  regionale,  nella  materia di cui trattasi, non essendo
 questa menzionata nel predetto art. 14 dello statuto  siciliano,  non
 puo'  avere  se  non  carattere concorrente o sussidiario. E' percio'
 necessario, anzitutto, che  le  leggi  della  regione  riguardanti  i
 tributi  rispettino  non soltanto le leggi costituzionali ed i limiti
 territoriali,  ma  anche  quelli  derivanti  dai  principi  e   dagli
 interessi  generali  cui  si uniformano le leggi dello Stato, secondo
 quanto dispone la prima parte dell'art. 17  dello  statuto  siciliano
 per  la  legislazione  concorrente.  Inoltre, poiche' risponde ad una
 esigenza fondamentale per l'economia e per l'eguaglianza di  tutti  i
 cittadini,   a   qualsiasi  parte  del  territorio  della  Repubblica
 appartengono, che  l'obbligazione  tributaria  si  ricolleghi  ad  un
 sistema  unitario, in ordine alle caratteristiche di ciascun tributo,
 ai cespiti colpiti e alle modalita' di riscossione,  la  legislazione
 regionale  deve  essere coordinata con la finanza dello Stato e degli
 altri enti  locali,  affinche'  non  derivi  turbamento  ai  rapporti
 tributari  nel  resto  del  territorio  nazionale; e deve uniformarsi
 all'indirizzo ed ai principi fondamentali della legislazione  statale
 per  ogni  singolo tributo (cfr. in tal senso, fra altre, le sentenze
 della Corte costituzionale n. 9/1957, cit., n. 42/1957,  n.  52/1957,
 n.  158/1973,  n.  959/1988,  nonche'  quelle  dell'alta Corte per la
 regione siciliana 9 marzo-19 maggio 1951, 30 aprile-30  giugno  1952,
 12 maggio-20 agosto 1953).
    5.3.  -  Qanto sopra preliminarmente rilevato osserva il tribunale
 che il giudizio di non  manifesta  infondatezza  della  questione  di
 costituzionalita' di cui si discute trova essenziale e specificamente
 la sua base giuridica nei principi generali sui  rapporti  fra  leggi
 statali  e  leggi  regionali  siciliane  in  tema  di riscossione dei
 tributi. Principi alla cui rilevazione e ricognizione  e'  necessario
 ulteriormente procedere.
    Mediante  l'art.  1  della  legge  regionale 21 agosto 1984, n. 55
 ("Nuove norme per la  gestione  del  servizio  di  riscossione  delle
 imposte  dirette  in  Sicilia")  e' stato prescritto che, "nelle more
 della  generale  riforma  nazionale  del  servizio  di   riscossione,
 l'assessore  regionale  per  il  bilancio  e  le  finanze promuove la
 costituzionalita' di una societa', avente  come  oggetto  sociale  la
 gestione,  secondo  le  norme  vigenti, delle esattorie delle imposte
 dirette in Sicilia" (primo comma), e  che  a  tale  societa'  possono
 partecipare  "istituti  di  credito  di  diritto  pubblico, banche di
 interesse nazionale, la Cassa centrale di risparmio Vittorio Emanuele
 per  le  province  siciliane,  nonche' aziende di credito operanti in
 Sicilia ed aventi capitale totalmente pubblico" (secondo comma). Alla
 societa'   medesima   -   "in  deroga  alle  ordinarie  procedure  di
 collocamento" ed "in regime di esonero  dalle  procedure  concorsuali
 previste  dalle  norme  che  regolano  la  materia"  -  venivano  poi
 conferite tanto le esattorie "gestite in delegazione  governativa  ai
 sensi  della  legge  regionale  1º  ottobre  1982,  n. 123, quanto le
 esattorie che si rendessero "vacanti per qualsiasi  causa  nel  corso
 dell'anno  1984"; mentre si doveva provvedere con identiche modalita'
 al conferimento di "tutte le esattorie delle  imposte  dirette  della
 Sicilia",  "a decorrere dal 1º gennaio 1985" (cfr. i successivi artt.
 3 e 4 della predetta legge regionale n. 55/1984).
    La  "generale  riforma  nazionale  del servizio di riscossione" e'
 pero' sopraggiunta negli ultimi anni, ad opera della gia'  menzionata
 legge  n.  657/1986  seguita  dal  d.P.R. n. 43/1988, pure sopra gia'
 menzionato.
    E  come  si  e'  gia' visto, con l'art. 132 del predetto d.P.R. si
 dispone che "i principi risultanti dalla legge  4  ottobre  1986,  n.
 657,   e  dal  presente  decreto  si  applicano  anche  alla  regione
 siciliana, che provvede con legge all'istituzione e  alla  disciplina
 del   servizio   di  riscossione  dei  tributi  nell'esercizio  della
 competenza legislativa ad essa spettante in materia".
    Tale   norma  di  legge  e'  perfettamente  aderente  alla  natura
 concorrente della potesta' medesima, quale si  desume  dal  combinato
 disposto  degli  artt. 17 e 36 dello statuto siciliano. Natura che la
 Corte costituzionale, come si e' visto, ha  piu'  volte  riaffermato,
 dalla  sentenza n. 9/1957 fino alla sentenza n. 959/1988 (nella quale
 si argomenta che le leggi regionali  sulla  riscossione  dei  tributi
 potrebbero solo contenere "disposizioni di capillare dettaglio").
    Le  conseguenze  che  se  ne  possono trarre, ai fini del presente
 discorso, sono di un duplice ordine.
    In  primo  luogo,  l'art. 3, primo comma, della legge regionale n.
 19/1989 ha trascurato il  fondamentale  principio  del  concorso  dei
 soggetti  interessati  per  l'affidamento del servizio in concessione
 amministrativa; principio che emerge con la massima  chiarezza  tanto
 dalla legge delegante quanto dal decreto legislativo delegato.
   In  secondo  luogo,  con  la  stessa disposizione si e' derogato al
 principio  concernente  la   tassativa   indicazione   dei   soggetti
 astrattamente  legittimati  a  ricevere  le  concessioni,  in quanto,
 escludendosi da tale novero le  societa'  per  azioni  costituite  da
 persone  fisiche  con  un capitale non inferiore ad un miliardo (come
 invece previsto dai ripetuti art. 1, primo comma, lett. e), punto  3,
 della  legge  n. 657/1986, nonche' dagli artt. 24, primo comma, e 31,
 primo  comma,  lett.  c),   del   d.P.R.   n.   43/1988)   e'   stata
 illegittimamente ristretta la serie dei soggetti medesimi.
    La  serie  dei  soggetti,  ai  quali  potranno essere conferite le
 concessioni, e' in effetti chiusa o tassativa. Sia  l'art.  1,  primo
 comma, lett. e), della legge n. 657/1986, sia l'art. 31, primo comma,
 del d.P.R. n. 43, prevedono infatti, nei  medesimi  termini,  che  si
 tratti  "esclusivamente"  delle  aziende e degli istituti di credito,
 nonche' delle Casse rurali ed artigiane di cui all'art. 5 del r.d.-l.
 12  marzo  1936,  n.  375,  di  loro  speciali  sezioni  autonome, di
 particolari societa' per azioni aventi per unico oggetto la  gestione
 del  servizio  in  esame,  e di societa' cooperative gia' titolari di
 gestioni esattoriali.
    A  fronte di questa disciplina, che certamente riguarda l'ossatura
 del previsto servizio di  riscossione  dei  tributi,  il  legislatore
 regionale  noon  puo' legittimamente ridurre il novero dei potenziali
 concessionari, depennando alcuni tipi di  soggetti  relativamente  ai
 tributi da riscuotere in Sicilia, ne' puo' estendere tale novero.
    Non   varrebbe   obiettare,   come   esattamente   rilevato  dalla
 ricorrente,  che  esclusioni  siffatte  lescerebbero   indenni   quei
 "principi  ed  interessi  generali"  informati  la legislazione dello
 Stato, cui deve in materia attenersi la regione. Si e' gia' rilevato,
 infatti, come la determinazione dei potenziali concessionari attenga,
 logicamente, alle strutture portanti del servizio di riscossione  dei
 tributi.  Al  di  la'  di  questo,  tuttavia, e' risolutivo il puro e
 semplice fatto che la determinazione stessa non  risulti  dalla  sola
 legge  delegata,  ma  sia compiutamente prestabilita dalla rispettiva
 legge delegante, proprio in quell'articolo nel quale  si  elencano  i
 "principi e criteri direttivi" della delega.
    La politica delle scelte legislative, mediante le quali si fissano
 i  principi  fondamentali  nelle  materie  di  competenza  regionale,
 rappresenta  un  punto in se' incontestato e incontestabile, anche se
 restano varie le implicazioni  che  se  ne  traggono  nell'affrontare
 alcuni  problemi  piu'  specifici. Orbene, nella materia in questione
 tali scelte sono state  appunto  effettuate  dalla  legge  delegante,
 all'atto  di  fissare  i  principi e i criteri richiesti dall'art. 76
 della Costituzione. Non a caso la legge di delega e'  stata  definita
 in  dottrina come la fonte normativa che deve porre la "disciplina di
 fondo" della materia o come "una sorta di legge-quadro".
    Meno   ancora   varrebbe   rilevare,  come  pure  oseervato  dalla
 ricorrente, che la spiccata peculiarita' delle situzioni esistenti in
 Sicilia  e  delle  esigenze da soddisfare nell'isola impone soluzioni
 differenziate rispetto  a  quelle  accolte  nel  restante  territorio
 nazionale.  Rilievi del genere sono di per se' fondati ma non rendono
 affatto derogabili, da parte del legislatore regionale,  i  "principi
 ed  interessi  generali  cui  si  informa la legislazione dello Stato
 (art.  17  statuto  siciliano)".  Il  perseguimento  delle   esigenze
 regionali  e  locali  va effettuato, cioe', all'interno del limite di
 tali principi ed interessi.
    A  questi  ed altri principi, dunque, la regione siciliana avrebbe
 dovuto adeguarsi, con effetto dal 1º gennaio 1990: cioe' dal  momento
 dell'entrata  in  funzione del nuovo servizio sul restante territorio
 nazionale. Per contro, l'assemblea regionale siciliana e'  rimasta  a
 mezza strada, superando la cennata legge regionale 21 agosto 1984, n.
 55, in virtu' della quale  era  stata  attribuita  alla  So.Ge.S.  la
 riscossione dei tributi per l'intera isola; ma facendo ricorso ad una
 ulteriore legge-provvedimento,  anzi  legge-fotografia,  che  non  si
 conforma ai nuovi principi, bensi' li disattende ed anzi li elude.
    L'art.  3  della  legge  regionale  n.  19/1989  prevede, infatti,
 l'immediata nomina di un commissario governativo per  ciascuno  degli
 ambiti  territoriali di riscossione dei tributi; ed aggiunge che tale
 commissario, destinato a rimanere in carica per tre mesi, prorogabili
 una sola volta, dovra' essere scelto tra gli istituti e le aziende di
 credito che ne facciano istanza, nonche' fra societa' per azioni  con
 capitale  non  inferiore  a  20  miliardi, interamente costituite dai
 predetti istituti ed aziende di credito: ad esclusione, dunque, degli
 altri  richiedenti  individuati dall'art. 31, primo comma, del d.P.R.
 n.  43/1988,  con  particolare  riguardo  alle  societa'  per  azioni
 costituite,  con  capitale  non  inferiore ad un miliardo, da persone
 fisiche, ed aventi per oggetto esclusivo la gestione  in  concessione
 del  servizio. Fatta uscire dalla porta, la So.Ge.Si. rietra con cio'
 dalla finestra, ricomparendo sotto le vesti di potenziale commissario
 governativo;  ed  e'  alla  So.Ge.Si., non a caso, che a questo punto
 sono stati attribuiti i compiti commissariali per  tutti  gli  ambiti
 fra i quali e' stata suddivisa la regione.
    Ora,  sotto  quest'ultimo  aspetto, la disciplina in esame diverge
 ulteriormente dai principi della materia perche' nella specie non  si
 puo'  in  alcun modo configurare una "vacanza" della concessione, dal
 momento che la riscossione dei tributi  veniva  e  viene  svolta  dal
 medesimo   soggetto,  cioe'  dalla  So.Ge.Si.,  indipendentemente  da
 qualsiasi ipotesi di revoca, di decadenza, di rinuncia o  di  vacanza
 dell'esattoria  per l'impossibilita' di provvedere al conferimento di
 essa.
    Ed invero, anche a volere ammettere che la regione possa scegliere
 ad arbitrio i  propri  commissari,  senza  violare  nessun  principio
 fondamentale  risultante  dalle leggi dello Stato, bisogna pur sempre
 ritenere che il commissariamento sia legato  all'assoluta  necessita'
 di  procedere  per vie diverse da quelle normali. Se cosi' non fosse,
 infatti, il legislatore regionale potrebbe assai comodamente  eludere
 il  rispetto delle norme statali di principio, attraverso il semplice
 espediente dell'istituzione di altrettanti commissari, in  luogo  del
 concorso fra i vari soggetti aspiranti alla concessione.
    Nella  specie,  del  resto,  la stessa regione mostra di percepire
 chiaramente questa sfasatura. Nell'art. 3, primo comma,  della  legge
 n.  19/1989  non  si  prevede,  infatti, una immediata attuazione del
 nuovo servizio di riscossione dei tributi, conformemente ai  precetti
 cui  si riferisce l'art. 132 del d.P.R. n. 43/1988. Si stabilisce, al
 contrario, che la detta disciplina regionale e' volta  unicamente  ad
 assicurare  "in via provvisoria" la riscossione dei tributi dei quali
 si tratta, nell'attesa che entri in vigore la normativa  destinata  a
 regolare permanentemente la materia.
    5.4.  -  Occorre  pero'  domandarsi se questa natura temporanea ed
 anzi transitoria dell'art. 3 della legge  regionale  n.  19/1989  sia
 sufficiente  a giustificarla sul piano costituzionale. La risposta da
 offrire a un tale quesito potrebbe, a prima vista, sembrare di  segno
 affermativo,   in   considerazione   di  una  nutrita  giurisprudenza
 costituzionale che ha riguardato situazioni apparentemente  affini  a
 quella  in  esame.  Piu'  volte  in  verita',  come ricorda la stessa
 ricorrente, la Corte ha escluso  la  dedotta  incostituzionalita'  di
 norme  legislative  transitorie  e  comunque  temporanee,  statali  e
 regionali, fondamentalmente argomentando sotto un  triplice  profilo,
 con riferimento ad altrettante serie di casi.
    Innanzitutto, a partire dagli anni cinquanta e fino all'entrata in
 funzione  delle   regioni   ordinarie,   l'organo   della   giustizia
 costituzionale    ha   ripetutamente   sostenuto   che   le   regioni
 differenziate quali la Sicilia potessero anche disciplinare  rapporti
 di  diritto privato, nella materia dell'agricoltura, purche' mediante
 norme  aventi  "efficacia  limitata  nel   tempo",   che   trovassero
 giustificazione   nell'eccezionalita'   e  nella  peculiarita'  delle
 vicende locali da fronteggiare in tal modo. Il che  ha  rappresentato
 il  fondamento  delle  decisioni  di  rigetto  2 luglio 1956, n. 7, 8
 luglio 1957, n. 109, 27 gennaio 1958, n. 6, e cosi' via.
    Secondariamente,  la  Corte  ha  ammesso che, la' dove manchino le
 norme attuative di un  istituto  costituzionalmente  previsto,  possa
 intervenire  -  senza  ancora  procedere all'attuazione stessa - "una
 legge transitoria, provvisoria ed eccezionale, rivolta a regolare una
 situazione  passata"  (cfr.  la  sentenza  19 dicembre 1962, n. 106).
 Nella  specie,  percio',  e'   stata   rigettata   una   impugnazione
 concernente  la  legge  statale  14  luglio  1959,  n. 741, che aveva
 disposto l'estensione erga omnes di  certi  contratti  collettivi  di
 lavoro;  ed  e' stata annullata, viceversa, la legge 1º ottobre 1960,
 n. 1027, che aveva protratto nel tempo l'operativita' dell'estensione
 medesima,   con  riguardo  ai  contratti  stipulati  nei  dieci  mesi
 successivi all'etrata in vigore della prima legge.
    Da  ultimo,  si  e' ritenuto che il sindacato sulla ragionevolezza
 delle misure restrittive  di  liberta'  costituzionalmente  gatantite
 dovesse  tener  conto  delle  situazioni  di emergenza che le avevano
 occasionate e causate; sicche', per converso,  si  e'  precisato  che
 misure   siffatte   "perdono   legittimita',  se  ingiustificatamente
 protratte nel tempo". Con questo fondamento, si e' dunque  dichiarata
 l'infondatezza  di  una  impugnativa  riguardante  la protrazione dei
 termini di carcerazione preventiva, disposta negli anni settanta "per
 la tutela dell'ordine democratico" (cfr. la sentenza 14 gennaio 1982,
 n. 15).
    Del  pari,  si  e' motivato piu' volte che le discipline miranti a
 proteggere  determinati  beni  o  determinati   valori   di   rilievo
 costituzionale,  senza  tener  conto  di altri beni o di altri valori
 suscettibili di subire in tal modo una sproporzionata compressione od
 una totale negazione, sono costituazionalmente difendibili - se mai -
 nel breve periodo in cui non si producano illegittimi sbilanciamenti.
 Cosi'  -  per  esempio  -  la disciplina vincolistica riguardante gli
 immobili ad uso non  abitativo  e'  stata  dapprima  salvata  perche'
 temporanea   ed   anzi  "inerente  ad  una  situazione  assolutamente
 irripetibile" (cfr. la  sentenza  3  aprile  1984,  n.  89);  ma  poi
 annullata mediante una sentenza (23 aprile 1986, n. 108), nella quale
 la Corte ha considerato "intuitivo"  che  "non  possa  escludersi  la
 violazione  di  un  diritto costituzionalmente garantito, sol perche'
 essa e' temporalmente limitata". E similmente, con  la  decisione  14
 luglio  1988, n. 826, la Corte ha rigettato l'impugnativa della legge
 4 febbraio 1985, n. 10, in tema di trasmissioni  televisive,  traendo
 argomento  dalla  sua  "natura  chiaramente  provvisoria";  ma  si e'
 contestualmente riservata, per cio' stesso, di  riesaminare  l'intera
 questione, una volta superato "ogni ragionevole limite temporale".
    Contro  le prime apparenze, tuttavia, nessuno di questi precedenti
 giurisprudenziali si puo' attagliare  al  caso  in  esame.  Si  deve,
 infatti, condividere la tesi della ricorrente secondo cui, anzi, sono
 proprio le decisioni teste'  ricordate  che  offrono  spunti  atti  a
 dimostrare  la  illegittimita'  della  legge  regionale  siciliana n.
 19/1989.
    Cio'  vale,  in  primo  luogo,  per la giurisprudenza piu' antica,
 concernente  le  norme  regionali  allora   abilitate   ad   incidere
 sull'ordinamento generale dei contratti agrari. Nella citata sentenza
 n. 6/1958 si legge, in effetti, che "la semplice temporaneita'  delle
 leggi   non  basta"  a  far  respingere  le  sollevate  questioni  di
 legittimita' costituzionale; "la temporaneita' puo'  valere  soltanto
 come  indice  della  situazione eccezionale che abbia dato causa alle
 leggi, situazione la quale, appunto se  e  perche'  eccezionale,  non
 puo' essere che temporanea". Ma proprio questo passo lascia intendere
 che  il  precedente  non  puo'  venire  invocato  a  sostegno   della
 provvisoria  soluzione  offerta  dall'art.  3  della  legge n. 19. La
 provvisorieta' non e' infatti collegata,  in  quest'ultimo  caso,  ad
 alcuna  sottostante  situazione eccezionale che l'assemblea regionale
 siciliana abbia inteso fronteggiare.
    Al  contrario,  il  solo  fattore  causale  della  legge di cui si
 discute  consiste  nella  riconosciuta  impossibilita'  di  mantenere
 ancora  in  vigore  una  disciplina  gia' in parteza provvisoria come
 quella dettata dalla menzionata legge regionale n. 55/1984: legge che
 esordiva  -  in  modo  assai  significativo  -  dichiarando di essere
 destinata a vigere "nelle more della generale riforma  nazionale  del
 servizio  di  riscossione".  Ma  il naturale e necessario superamento
 della legge n. 55 non e' certo sopraggiunto all'improvviso, tanto  da
 cogliere  di  sorpresa  la  regione  siciliana  e  da costringerla ad
 approvare una nuova serie  di  disposizioni  transitorie.  La  delega
 sulla  quale si e' fondata la riforma del servizio di riscossione dei
 tributi rimonta alla legge 4 ottobre 1986, n. 657. Lo stesso  decreto
 legislativo delegato e' stato emanato dal Presidente della Repubblica
 il 28 gennaio 1988; e la relativa disciplina e' per di  piu'  rimasta
 lungamente  inapplicata sul restante territorio nazionale. Inoltre, i
 problemi concernenti l'applicazione  di  tali  normative  sono  stati
 ampiamente discussi nelle sedi piu' diverse, nazionali e locali (come
 stanno  a  dimostrare  -  per  esempio  -  gli  atti   del   convegno
 sull'attuazione  della  riforma del sistema esattoriale nella regione
 siciliana, svoltosi a Catania il 12 maggio 1989).
    In  tali circostanze, si puo' giustificare la legge-provvedimento,
 o meglio legge-fotografia, n. 19/1989, per il solo fatto che essa  ha
 voluto  colmare  preventivamente  una  situazione di potenziale vuoto
 normativo? La risposta da offrire  e'  sicuramente  negativa,  quanto
 meno per un duplice ordine di motivi.
    Da  un  lato,  in  verita',  deve  condividersi  il  rilievo della
 ricorrente secondo cui la preesistente legge-provvedimento n. 55/1984
 non  era  ancora  venuta a scadenza, ma conservava la sua provvisoria
 efficacia; e non  l'avrebbe  perduta,  se  non  nell'ipotesi  che  un
 duplice  giudice  l'avesse  impugnata,  ottenendone l'annullamento da
 parte della Corte costituzionale.
    D'altro lato, non sembra comunque sostenibile che il venir meno di
 una  certa  discplina  legittimi  qualunque  specie  di   disposzioni
 legislative regionali destinate a surrogarla, poco importando se esse
 rispettino o meno  i  principi  della  materia,  come  stabili  dalle
 corrispondenti  leggi  dello  Stato.  Argomenti  siffatti,  come pure
 esattamente sostiene la ricorrente, varrebbero a legittimare proroghe
 rinnovate  o  protratte indefinitamente, senza tener conto del limite
 dei principi che cotraddistingue la legislazione concorrente, fino  a
 quando  l'assemblea  regionale siciliana non riesca ad approvare - in
 via permanente - una normativa rispettosa dei principi stessi. Ed  e'
 proprio  questo  il  pericolo che il ricorso della societa' "Nuova G.
 Barbera" tende in prima linea ad evitare.
    6. - Per le suesposte considerazioni, la domanda di sospensione in
 esame, stante l'ostacolo costituito dalla norma regionale denunziata,
 non  puo'  che  essere  rigettata,  ma, a norma dell'art. 23, secondo
 comma, della legge 11 marzo 1953,  n.  87,  va  disposta  l'immediata
 trasmissione  degli atti alla Corte costituzionale per la risoluzione
 della questione incidentale di  costituzionalita'  di  cui  trattasi,
 disponendosi  conseguentemente la sospensione del giudizio instaurato
 col ricorso indicato in epigrafe.